Di Giuseppe Mulas – Presidente Assemblea Nazionale Giovani delle Acli
Da poco mi è capitato di riascoltare una canzone. I temi che tratta sono complessi e penso che prima o poi meritino di essere affrontati con serenità e concretezza, ma quello che mi ha spinto a fare questa riflessione è una frase contenuta nel testo che recita “non c’è alternativa al futuro”.Ecco, penso che questo concetto che prima o poi arriverà il futuro, che arriverà quella generazione di uomini e di idee che si prenderà sulle spalle l’Italia, dall’economia alla cultura alla politica e la tiri fuori dalla stagnazione, sia il concetto che sul lungo periodo rischia di farci naufragare. Perché l’alternativa al futuro esiste, è il presente, in tutto il suo immobilismo. Voglio essere chiaro, per immobilismo parlo di idee, di prospettive, ma anche di uomini, perché le idee hanno bisogno di gambe e braccia che se non sono fatte dello stesso materiale delle idee non possono riuscire a realizzarle compiutamente.
Ma questa non è una novità nella Storia, dove da sempre il presente si è contrapposto al futuro e da sempre ha perso perché le giovani generazioni di uomini e donne con nuove idee hanno combattuto e vinto la loro battaglia. Esempio di questo è tutto il periodo del degli anni 60 e 70, dove i ragazzi di quel tempo hanno combattuto ferocemente contro le generazioni precedenti per ottenere ciò che volevano, vincendo non solo sul piano del cambio della classe dirigente, ma del progetto culturale che portavano con se. E su questi presupposti la nostra società si è strutturata e si comporta: una classe dirigente che con le proprie idee si prepara ad una battaglia che vede sia come l’unico modo di selezione di una classe dirigente all’altezza, sia come il degno finale della propria storia che nasce da una battaglia vinta e finisce con una battaglia persa. Una battaglia che non solo è cosciente ma è felice di perdere – perché sa che è l’unico modo di poter garantire la sopravvivenza stessa del nostro Sistema – ma che vuole combattere, come ha combattuto anni fa dalla parte opposta. Numerosi sono gli esempi più o meno sottotraccia che posso portare a conferma di questa mia idea, scelgo il più chiaro e lampante, quando l’On. Capanna ha dichiarato “I giovani si meritano la pensione bassa perché non lottano”. Il bene comune non passa più per il diritto o il merito, ma per la lotta.
Ma purtroppo questo schema di contrapposizione sta mostrando le sue falle perché i giovani in Italia sono stanchi di lottare e forse non ne hanno neanche tanta voglia. Il mondo globalizzato offre enormi possibilità che eliminano il dover combattere, tramare, rovinare sonno, salute e amicizie per poter trovare la loro strada. Trent’anni fa mollare tutto e andare in Inghilterra o in Germania o negli Stati Uniti era un salto nel buio, ora è la normalità. E i numeri sempre crescenti di giovani con alti livelli di formazione scolastica e/o lavorativa che partono per non tornare testimoniano questo. Un’Europa e un Mondo attrattivo sono il peggior nemico di un’Italia che si ostina a vivere la società come gestione di potere e il merito come esito di scontri. Spero che la nostra classe dirigente lo capisca rapidamente e ponga le adeguate contromisure, perché il vero rischio è di aspettare una battaglia che non ci sarà mai perché l’esercito nemico è andato a vivere, non a battagliare, in un altro reame.