Di Chiara Romano – Coordinatrice GA Brindisi, Coordinamento Nazionale GA
Lo scorso febbraio, nel solco di quanto previsto dalla legge 107/2015 meglio nota come “Buona scuola”, è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento del personale docente abilitato, da immettere in ruolo nel prossimo triennio a partire da settembre 2016.
Fin qui parrebbe tutto più o meno regolare, l’istituzione di un concorso selettivo per l’accesso al pubblico impiego, se non fosse che le migliaia di aspiranti docenti (che in maggioranza esercitano la professione da anni) possiedano già un titolo abilitante acquisito previo concorso.
TFA, PAS, Laurea in Scienze della formazione primaria sono alcuni dei percorsi abilitanti con i quali i docenti si presentano ad affrontare l’ennesima selezione. Il primo, in particolar modo, ha previsto prove in entrata estremamente complesse, attraverso le quali i candidati sono stati valutati accuratamente e selezionati per un numero di posti calcolati su fabbisogno regionale: a ciò si aggiungano lezioni, esami, tirocini, prove finali, comuni anche agli altri percorsi.
Una valutazione infinita insomma, basata su sacrifici economici, psicologici e fisici, che aveva già acceso forti malumori, di demotivazione, di rabbia, di scoraggiamento puntualmente inascoltati, e inaspriti in seguito al recente accoglimento in via cautelare del TAR del Lazio dei ricorsi dei docenti non abilitati, a partecipare al concorso. Un caso tutto italiano, di confusione, incomprensione, di sordità.
A cosa è servita l’abilitazione allora? Costituisce concretamente un prerequisito d’accesso indispensabile o è stato puro business? E poi, una riforma che punta alla qualità dei percorsi di istruzione-formazione e soprattutto alla motivazione professionale e culturale di insegnanti e alunni, sta procedendo davvero nel rispetto del diritto al lavoro e della meritocrazia?
Questi i quesiti più ricorrenti rimbalzati dai docenti, ormai decisi ad opporsi seriamente con la richiesta di un canale preferenziale di reclutamento e l’annullamento del cosiddetto “concorso truffa”, all’aula parlamentare attraverso un’interrogazione rivolta alla Ministra Giannini, che sembra però perseverare individualmente per la sua strada.
È una tematica importante e attuale che coinvolge oltre 165 mila docenti, ma che non sale molto agli onori della cronaca. Una problematica seria di precariato e svalutazione umana prima che professionale, da risolvere con urgenza ed efficacia in quello che si definisce uno stato di diritto.
Le prospettive della “Buona Scuola”, ad oggi, risultano tutt’altro che positive.