Di Matteo Zinanni, collaboratore presso il patronato Acli Melbourne
Sta destando sempre più interesse nella comunità italiana in Australia e nelle istituzioni il nuovo fenomeno migratorio proveniente dall’Italia verso il “nuovissimo continente” che solo nel 1606 fu “scoperto” dal navigatore olandese Willem Janszoon.
Un’immigrazione sicuramente diversa dal passato, molto più contenuta nei numeri e con caratteristiche diverse. I nuovi italiani hanno infatti un livello medio d’istruzione superiore a quello dei vecchi migranti, sono spesso residenti di breve periodo e sono spinti verso l’Australia non solo dalla volontà di riscattarsi economicamente e socialmente, come era per i vecchi italiani arrivati nel passato, ma anche dal desiderio di conoscere un mondo completamente nuovo.
Il motore della nuova immigrazione, oltre alla recente crisi finanziaria globale scoppiata alla fine del primo decennio del XXI secolo, è sicuramente il Working Holiday Visa(WHV), introdotto nel 2004. Il WHV è un visto particolarmente utilizzato dagli italiani perché permette di visitare l’Australia liberamente, con la possibilità di lavorare full-time, valido per un anno e rinnovabile per un secondo, ma solo se il richiedente ha svolto 88 giorni lavorativi in una delle fattorie o aziende segnalate dal governo australiano.
Soprattutto grazie a questo tipo di visto, la maggioranza dei nuovi migranti può permettersi di vivere l’Australia nella sua totalità, scoprendone la fauna e la flora uniche al mondo, e assaporando il dolce e l’amaro della società australiana.
Sono tante le difficoltà che devono affrontare questi nuovi migranti in Australia, soprattutto quando viene presa la decisione di rimanere per più dei due anni concessi dal WHV. Problematiche che sono dovute alle difficoltà di comprensione della società australiana, delle sue regole, delle sue leggi, della sua lingua e dei suoi costumi, oltre che alla debolezza che generalmente caratterizza nei primi tempi di residenza colui che sceglie di vivere più o meno stabilmente in una società diversa da quella di origine.
Nonostante gli ostacoli, molti di questi migranti vorrebbero rimanere. L’alto tenore di vita, le grandi opportunità lavorative, e la sensazione che il merito sia riconosciuto molto più che in Italia, fanno dell’Australia un nuovo Eldorado per i nuovi migranti italiani. Un Eldorado fatto di sudore, sangue e sacrifici, per costruire una vita migliore, non solo dal punto di vista economico.
Per i giovani migranti di oggi l’Australia rappresenta un sogno, un continente dove poter realizzare i propri desideri. Migranti molto più simili ai loro coetanei australiani che ai vecchi italiani venuti in Australia negli anni ’50 e ’80. Giovani che contribuiscono a costruire, non solo ipoteticamente, ma anche materialmente questo paese, e che vedono nei sacrifici di oggi il ponte per arrivare ad un domani sicuramente migliore.
A questo entusiasmo, a questi sacrifici, fa da contraltare l’assenza di una forte comunità italiana in Australia e di associazioni che si occupino dei nuovi migranti, se non in rari casi, aiutandoli nel viaggio verso una residenza permanente, che è spesso un percorso meramente individuale. Ciò è causato anche dall’incapacità dei nuovi arrivati di creare fenomeni associativi in grado di poterli rappresentare a livello istituzionale, non solo con il governo australiano ma anche con quello italiano.
L’aumento del numero di migranti italiani in Australia nell’ultimo periodo, le sue caratteristiche di unicità e la complessità del fenomeno, hanno spinto il COMITES, Committee of Italians Abroad di Victoria e Tasmania, a commissionare alla Deakin University e alla Swimburne University un report sulla nuova immigrazione italiana in Australia, dal titolo, The Journey of ‘New Italian migrants’ (2004-2016) to Australia, gestito dal ricercatore Riccardo Armillei e dal professore Bruno Mascitelli.