Quella sera per la prima volta ho avuto la sensazione di essere in gabbia. Finita la cena, sono andata verso la metro e sembrava mi mancasse l’aria. I vagoni della metropolitana erano semi vuoti, ognuno era sulle sue, molti parlavano al telefono, erano preoccupati. Anche io lo ero. Lo ero molto. Ma per molti quella era ancora solo e comunque una semplice influenza.
Domenica 8 marzo la passai al parco, c’erano tantissime persone a cantare, suonare a ridere e anche se tutto dava l’idea di essere una domenica come le altre, l’aria spensierata di quella giornata era pronta per dare il cambio ad un’aria nuova, gelida e colma di paura.
Quel che accadde da lunedì 9 in poi, bene o male, è un ricordo uguale per tutti, ma, per quanto uguale esso sia, ognuno di noi sta vivendo la quarantena in maniera del tutto diversa.
Mi chiamo Federica, ho 28 anni, vivo a Milano, ma il mio cuore è completamente perso per la mia città natale, Chieti e quella notte dell’8 marzo in cui molti miei amici scapparono da Milano per tornare nelle proprie città d’origine io decisi di restare qui, a Milano. Come? Facendo un grande respiro, razionalizzando il problema e anteponendo la coscienza all’istinto di scappare.
Perche non esiste età in cui, nel momento del bisogno, non si desideri tornare a casa tra le braccia di papà e mamma, ma, allo stesso tempo, non esiste paura che non possa essere dominata dalla razionalità. Tornando a casa probabilmente non avrei peggiorato le cose, ma sicuramente non le avrei migliorate.
Non mi pento di essere rimasta qui, ma la mia famiglia mi manca terribilmente, mi mancano i miei genitori e mi mancano i miei fratelli che vivono a Londra e Rotterdam. Una famiglia come la mia, in un momento come questo, è messa a dura prova, ma quando la salute è dalla propria parte, mentre fuori dalle mura di casa è in atto una pandemia, ogni sforzo diventa ricompensa.
Milano, oggi è a tutti gli effetti una seconda casa per me, l’ho sempre vissuta in costante movimento, di corsa, condita da immenso stress. È una città che va veloce, che ti impone di stare al passo, di non mollare e, a volte, questo fa sì che tu senta il bisogno di fermarti, ma mai la voglia di farlo.
Questa quarantena, per forza di cose mi ha fermata, anzi, ha fermato tutti e ora l’unica cosa che guardo è la strada di casa mia, dove dai balconi vedo sventolare bandiere dell’Italia.
Ho finalmente conosciuto i miei vicini dopo un’anno e mezzo che abito in questa casa, ho scoperto che Milano ha dei colori al tramonto che mi ricordano un quadro bellissimo e ho capito che il cliché secondo cui le persone del nord sono persone fredde è solo un cliché.
Il silenzio dilaniante di questa città è interrotto da applausi al balcone e dalle sirene delle ambulanze che sono ormai un sottofondo a cui non possiamo e non dobbiamo abituarci.
Quando tutto questo finirà, perché certo che finirà, la prima cosa che farò sarà tornare a casa mia, voglio riabbracciare i miei genitori, voglio passeggiare per le strade della mia città, voglio prendere un aereo e volare dai miei fratelli, voglio prenderne un altro e andare dappertutto. Voglio camminare, non voglio più prendere la metro per fare 1 km, voglio respirare quella meravigliosa, stupefacente e unica sensazione di libertà che stiamo annaffiando come un fiore per poi farla sbocciare quando finalmente tutto questo sarà finito.
Torneremo a fare la fila al cinema la domenica pomeriggio, a fare le code in tangenziale, torneremo a prenotare tavoli nei ristoranti, a fare le file in camerino, a prendere il caffè al bancone, a sederci al bar per fare aperitivo, ad uscire con quelle persone che poi non sono nemmeno tanto simpatiche. Torneremo a fare sport all’aria aperta, ad andare per musei, ad andare in biblioteca, a passeggiare in centro. Torneremo a prenotare voli, treni, alberghi per raggiungere qualsiasi posto il cuore voglia portarci. Torneremo a riempire parchi, a riempire stadi, torneremo ad essere noi. Torneremo a calpestare il suolo di questo paese meraviglioso quale è l’Italia.
Torneremo a fare tutte quelle cose che almeno una volta nella vita ci hanno fatto pensare “no che palle, ma non potevo rimanere a casa?!”
Federica D’Alessio