Archivi giornalieri: 12 marzo 2020

IL CONTAGIO DELL’EMPATIA

In questi giorni di emergenza sanitaria nazionale, le notizie sul diffondersi del Covid-19 hanno monopolizzato l’informazione pubblica, alienandoci dal contesto internazionale, che pure sta subendo evoluzioni tanto veloci quanto drammatiche quanto il virus che ci costringe nelle nostre case. 

Eppure, la diffusione del Covid-19 ci offre l’occasione di riscoprire e rinvigorire uno dei sentimenti più autenticamente umani, che spesso soffochiamo sotto l’individualismo delle nostre società: l’empatia, cioè quel profondo sentire dell’altro che riesco a fare mio abbracciando la sua situazione.  

Milano, 8 marzo. Migliaia di studenti e lavoratori fuori sede si riversano nelle principali stazioni meneghine, alla disperata ricerca di un treno che possa riportarli a casa. A sospingere questo flusso schizofrenico e disorientato di persone, la paura, alimentata dalla diffusione della bozza di un DPCM che minacciava la chiusura delle frontiere della Lombardia, l’indomani nemmeno pubblicato in Gazzetta Ufficiale. 

Idlib, Siria, 27 febbraio. Un raid aereo uccide 36 soldati turchi, impegnati a contenere l’esodo di siriani in fuga dagli attacchi dell’esercito di Assad, supportato dall’aviazione russa. La reazione del presidente turco non si è fatta attendere: con la riapertura del confine turco-greco e la violazione degli accordi europei di contenimento dei migranti del marzo 2016, Erdogan sta sollecitando tramite ricatto il sostegno UE alla causa siriana, prospettando al contempo la riapertura della rotta balcanica. Immediatamente, decine di migliaia di profughi iracheni, afgani, curdi e siriani, costretti per un lungo periodo nei campi turchi, si è riversato al confine greco, incontrando però la ferocia della polizia ellenica. Nell’immediato, sono ripresi anche gli sbarchi sulle isole di Samos, Chios e Lesbos, il cui campo-lagher più tristemente famoso – quello di Moria – ospita oggi circa 20.000 persone, più del quintuplo oltre la sua normale capienza, provocando, tra l’altro, l’esasperazione della popolazione locale. 

Centinaia di migliaia di profughi stanno bussando alle porte dell’Europa, sfidando la morte, nella speranza di un futuro migliore. Oggi siamo oltremodo offuscati dall’emergenza innescata dalla diffusione del Covid-19 per accogliere le ragioni della fuga di queste persone. Ma quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata, e sentiremo a gran voce la richiesta di aiuto di quelle persone che continueranno a bussare alle porte dell’Europa, non dimentichiamoci della paura che ci ha tenuti prigionieri in queste difficili settimane. Diamole il volto di un bambino con gli occhi arrossati dai lacrimogeni, le braccia di un papà che scava tra le macerie della sua casa distrutta da un bombardamento, le mani di una madre che non riesce a riparare dal gelido vento greco i suoi bimbi, le gambe di un ragazzo che insegue il sogno di diventare calciatore. Diamo un nome e restituiamo la dignità di uomo alle persone che improvvisamente torneranno ad occupare le prime pagine dei nostri giornali, restiamo a guardarli finchè non ci si contorceranno le viscere per la loro paura, e non saremo frastornati per la loro forza di vita, che finalmente avvertiremo come nostre.

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(Cecilia Leccardi, GA Milano)