Serve educare al confronto, non allo scontro.
Colpi sulla testa, sul volto, sangue e violenza. Le cariche indiscriminate della polizia contro gli studenti, che manifestavano pacificamente in tante città italiane, non possono passare sotto silenzio. Lorenzo Parelli è morto a Udine mentre era al suo ultimo giorno di un percorso duale nel settore della meccanica industriale (dalla cronaca accostato all’alternanza scuola-lavoro). Una putrella di ferro gli è precipitata in testa uccidendolo a 18 anni lo scorso venerdì.
La morte di u n ragazzo così giovane in un cantiere, mentre era impegnato in un percorso formativo, ha provocato grande impressione e commozione.
Gli studenti e le studentesse di Roma hanno deciso di non vivere la loro indignazione solo sui social. Domenica scorsa al Pantheon, alla manifestazione autoconvocata in una manciata di ore dai collettivi delle scuole, non c’erano “anarchici e antagonisti”, ma giovani decisi a portare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla morte di uno studente al “lavoro”. Provando ad avvicinarsi al Palazzo, mentre si stavano svolgendo le elezioni del Presidente della Repubblica, le forze dell’ordine hanno risposto con una carica scomposta, con una violenza inaudita e senza un valido motivo, contro un cordone di giovanissimi a mani nude. Il bilancio è di tre studenti feriti, costretti a ricorrere alle cure mediche, tornati a casa la sera con diversi punti. Una gestione dell’ordine pubblico che non ha lasciato spazio a un momento di trattativa con la scelta della Questura di non contenere la piazza ma di allontanarla con determinazione. Voltate le spalle al Parlamento il corteo è poi arrivato sotto la sede del Miur.
A Torino ci sono state tensioni durante la protesta studentesca. Duecento ragazzi hanno organizzato un presidio di contro l’alternanza scuola-lavoro dopo la morte di Lorenzo. Gli studenti, intenzionati a fare un corteo nonostante le restrizioni previste dalla zona arancione, hanno cercato di forzare i cordoni delle forze dell’ordine schierate a bloccare l’intera piazza Arbarello. Ci sono stati alcuni lanci di pietre, uova e bottiglie di vetro a cui la polizia ha risposto con alcune cariche. Ci sono circa 20 feriti di cui due gravi in seguito alle cariche della polizia.
Incidenti sono scoppiati in piazza dei Martiri a Napoli davanti la sede dell’Unione degli Industriali, tra studenti e attivisti dei Centri sociali, che manifestavano per la morte di Lorenzo, e le forze dell’ordine. I manifestanti, alcune centinaia, hanno lanciato vernice rossa sul portone della sede ed hanno tentato di forzare il cordone delle forze dell’ordine. Polizia e carabinieri hanno risposto con una carica. I manifestanti si sono diretti in Piazza Vittoria dove hanno cominciato un blocco stradale e poi si sono incolonnati in corteo lungo via Partenope.
Manifestazione anche a Trento. Una settantina di persone hanno manifestato in via Verdi, contro la legge che prevede l’alternanza scuola-lavoro. L’iniziativa, promossa dall’Unione degli universitari di Trento (Udu) e dalla Rete degli studenti medi, si inseriva nell’ambito della mobilitazione nazionale in ricordo di Lorenzo Parelli.
A Cagliari decine di studenti si sono ritrovati davanti al porto per ricordare il “compagno” e manifestare contro le attuali modalità dell’alternanza scuola-lavoro. Poi la marcia verso piazza del Carmine per portare avanti la voce di Lorenzo Parelli, e per tutte quelle persone morte sul lavoro; sottolineando come “senza tutele né sicurezze gli studenti, durante i progetti svolti, sono abbandonati dalle istituzioni”.
Come Giovani delle Acli crediamo che quanto accaduto a Udine sia una tragedia, ma sia anche sintomo di un sistema sbagliato, da cui emergono due grandi emergenze per il Paese: la questione della sicurezza sul lavoro e la questione formazione (con le conseguenti difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro).
La “demonizzazione” dell’alternanza scuola-lavoro, soprattutto da parte di una certa fetta della politica nazionale, non fa sicuramente bene al mondo della formazione e non aiuta a migliorare uno strumento che se fosse usato nel modo corretto, sarebbe potenzialmente molto importante.
Certo, tanti aspetti sarebbero da migliorare, ma, forse, sarebbe il caso di ripartire dalle tante esperienze positive che da essa sono nate per far sì che siano generative e “contagiose” (termine ormai sempre più usato nel nostro vivere quotidiano).
Non lasciamo che la voce di questi giovani scesi in piazza sia solo “fiato sprecato”, ascoltiamo i bisogni e le problematiche per costruire un nuovo sistema di apprendimento perché, oltre ad una buona scuola, il nostro Paese ha bisogno di una scuola capace di accompagnare le giovani generazioni verso quello che viene dopo e, soprattutto, ha bisogno di adulti capaci di insegnare alle giovani ragazze e ai giovani ragazzi l’importanza del confronto, del dialogo, anche su temi importanti. Far passare il messaggio della violenza e della paura è una strada che non porta a nessuna meta.
E poi, una domanda, perché una condotta muscolare delle forze dell’ordine in dinamiche che spesso vengono gestite con calma e tranquillità? Perché questa paura per poche centinaia di ragazzi?