Come ogni anno, il 25 novembre si celebra la giornata internazionale dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Una ricorrenza molto sentita a livello globale e nazionale, ma sulla quale molte volte si sa davvero poco. Infatti la data del 25 novembre non è stata scelta casualmente, bensì dietro di sè cela una storia profonda. Occorre tornare indietro di qualche anno per scoprirla. Il 25 novembre del 1960, tre sorelle e attiviste: Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal furono assassinate dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo mentre si stavano recando in carcere. Questo terribile assassinio fu giustificato dagli aguzzini come un incidente, ma fu subito chiaro all’opinione pubblica che si trattava di un delitto. Le tre sorelle passarono alla storia come “Las Mariposas”( le farfalle) per il coraggio dimostrato nel combattere la dittatura e nella difesa dei diritti delle donne. Qualche anno dopo questo avvenimento, esattamente il 25 novembre del 1981, ci fu il primo incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericano e caraibiche, nel quale si decise di tenere questa giornata come data simbolo della lotta contro le violenze sulla donna. Nel linguaggio comune, si è soliti dare e associare molte definizioni al concetto di “violenza contro le donne”, come ad esempio: violenza di genere, violenza sessuale, stalking, disuguaglianza di genere, discriminazione di genere, ecc… ma nel corso degli anni si sono susseguiti molti modi per descrivere e definire il concetto di “violenza contro le donne” in maniera normativa e analitica. La definizione storica è contenuta nella Risoluzione adottata dall’assemblea generale ONU il 19 dicembre del 1993, n. 48/104. L’ ART.1 della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, cita che l’espressione “violenza contro le donne sta a significare ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”. Mentre nell’ART. 3, leggiamo che la violenza contro le donne riguarda principalmente:
- La violenza fisica, sessuale e psicologica che si produce nella famiglia, inclusi i maltrattamenti, gli abusi sessuali delle bambine in ambito familiare, le violenze legate alla dote, lo stupro coniugale, la mutilazione genitale femminile e altre pratiche tradizionali dannose per le donne, la violenza perpetrata da altri membri della famiglia e la violenza legata allo sfruttamento
- La violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene all’interno della comunità in generale, compreso lo stupro, l’abuso sessuale, le molestie e l’intimidazione sul posto di lavoro, nelle istituzioni educative e altrove, la tratta delle donne e la prostituzione forzata
- La violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata o tollerata dallo Stato, ovunque si manifesti.
La più recente definizione della “violenza contro le donne”, invece è contenuta nella Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 del Consiglio d’Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica, la quale è stata poi ratificata dall’Italia. L’ART. 3 recita che con l’espressione “violenza contro le donne si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli attti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenza di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”. Infine l’Unione Europea nella direttiva 2012/29/UE, sulle Norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, al punto 17, approfondisce il discorso e ci da una definizione di “violenza di genere”: “Per violenza di genere si intende la violenza diretta contro una persona a cause del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. Può provocare un danno fisico, sessuale, emotivo o psicologico, o una perdita economica alla vittima. La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale, la tratta di esseri umani, la schiavitù e varie forme di pratiche dannose, quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti “reati d’onore”…”. Quindi la violenza contro le donne si classifica come giuridicamente rilevante e come abbiamo potuto notare assume varie forme: fisica, psicologica, economica e sessuale, cui sono associate condotte e azioni che le concretizzano, a cui sono correlate ipotesi di reato e norme penali in base alle varie tipologie di violenza.
Nel 2019, 111 donne sono state uccise per delitti “di genere” e l’88,3% di esse sono state uccise da una persona conosciuta. Secondo l’Istat, il 49,5% dei casi dal partner attuale, corrispondente a 55 donne, l’11,7%, dal partner precedente, pari a 13 donne, nel 22,5% dei casi (25 donne) da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e nel 4,5% dei casi da un’altra persona che conosceva (amici, colleghi, ecc.) (5 donne). Il numero verde 1522 è stato il servizio dedicato al supporto e aiuto per vittime di violenza o stalking durante la pandemia ed ha registrato aumenti significativi tra il primo e il secondo semestre del 2020. I dati confermano che nel quinquennio 2016-2021 gli omicidi e le violenze a discapito delle donne sono aumentati rispetto al quinquennio precedente, a differenza delle stesse statistiche per il sesso maschile che si sono mantenute costanti. Sono aumentati, fortunatamente, il numero di donne che hanno chiesto aiuto e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri sui canali televisivi e social che hanno rafforzato e diffuso il messaggio dell’importanza della richiesta di aiuto nei casi di violenza. Considerando i dati aggiornati, è possibile confermare la loro rilevanza e utilità. https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/omicidi-di-donne
Nel 2020, 15.837 donne, secondo i dati Istat, hanno concordato con un Centro antiviolenza e iniziato un percorso personalizzato di uscita dalla violenza. Tra le donne che hanno iniziato questo percorso, la presa in carico per mese, in ordine decrescente, si è distribuita con le seguenti percentuali:10,1% a gennaio, 9,3% a settembre, 9,2% a luglio, 8,7% a febbraio, 8,7% a giugno, 8,2% a maggio, 7,9% a ottobre, 7,4% ad agosto, 6,8% ad aprile, 6,7% a novembre, 6,4% a dicembre, 5,6% a marzo, 5,0% non risponde. Nello specifico delle classi di età, le donne prese in carico nel 2020 avevano per il 29,4% tra i 40 e i 49 anni, 26,9% tra i 30 e i 39 anni, 18,4% tra i 16 e i 29 anni, 16,9% tra i 50 e i 59 anni, 5,6% tra i 60 e i 69 anni, 2,5% 70 anni e più, 0,4% meno di 14 anni. Le violenze riscontrate tra le donne prese in carico dai centri antiviolenza nel 2020 sono: violenza psicologica nell’89,3% dei casi, violenza fisica nel 66,9%, minacce nel 49,0% dei casi, violenza economica nel 37,8% dei casi, altra violenza sessuale nel 12,7% dei casi, stupro nel 9,0% dei casi, altre forme di violenza secondo la Convenzione di Istanbul nel 2,1% dei casi, matrimonio forzato o precoce nell’1,4% dei casi, aborto forzato nello 0,7% dei casi, mutilazione genitali femminili nello 0,1% dei casi. Le donne che si rivolgono ai centri raccontano di esperienze in cui hanno subito una o più violenze. Nel 2020, in particolare: il 16,3% ha subito una violenza, il 10,5% due violenze, il 20,1% tre violenze, il 26,3% quattro violenze, il 26,8% 5 e più violenze. I Centri antiviolenza offrono numerosi servizi alle donne vittime di violenza: il 97,1% offre ascolto, l’82,8 % offre accoglienza, il 53,6% offre supporto e consulenza psicologica, il 46,3% offre supporto al percorso giudiziario e consulenza legale, il 37,2% offre orientamento e accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale, il 18,0% offre sostegno all’autonomia, il 14,2% offre un percorso di allontanamento, il 12,6% offre pronto intervento e messa in sicurezza fisica, il 12,3% offre orientamento lavorativo, il 10,1% offre sostegno alla genitorialità, l’8,9% offre supporto per i figli minorenni, il 9,1% offre supporto e consulenza alloggiativa, il 3,1% offre mediazione linguistico-culturale, il 2,2% offre altri servizi a donne straniere, rifugiate e richiedenti asilo. https://www.istat.it/it/archivio/263647
In piena pandemia, nel 2020, le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica. Nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019). La violenza segnalata quando si chiama il 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%). Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019). Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020). Nei primi 5 mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza (CAV), per l’8,6% la violenza ha avuto origine da situazioni legate alla pandemia (es. la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell’autore della violenza o della donna). In corrispondenza del lockdown di marzo 2020, i Centri antiviolenza hanno trovato nuove strategie di accoglienza. Essenziale è stato il ruolo della rete territoriale antiviolenza per supportare i Centri nel loro lavoro. I CAV hanno supportato le donne tramite colloqui telefonici, posta elettronica e con colloqui in presenza nel rispetto delle misure di distanziamento. Per quanto riguarda le Case rifugio, nei primi 5 mesi del 2020 sono state ospitate 649 donne, l’11,6% in meno rispetto ai primi 5 mesi del 2019. Le Case hanno, infatti, segnalato più difficoltà dei CAV a organizzare l’ospitalità delle donne e a trovare nuove strategie. Per il 6% delle donne accolte, le operatrici hanno segnalato che è stata la pandemia ad avere rappresentato la criticità da cui ha avuto origine la violenza. Il numero delle chiamate valide sia telefoniche sia via chat nel primo trimestre 2021 è continuato ad aumentare, 7.974 chiamate valide e 4.310 vittime, rispetto al primo trimestre del 2020 (+38,8%), ma lontano dal picco del secondo trimestre 2020 (12.942 chiamate valide). Ancora in aumento la quota delle richieste di aiuto tramite chat, che costituiscono il 16,3% delle modalità di contatto (erano pari all11,5% nel primo trimestre del 2020). Tra i motivi che inducono a contattare il numero verde sono in netto aumento le chiamate per la “richiesta di aiuto da parte delle vittime di violenza” e le “segnalazioni per casi di violenza” che insieme rappresentano il 48,3% (3.854) delle chiamate valide. Nel periodo considerato, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, esse sono cresciute del 109%, mentre diminuiscono le chiamate per avere informazioni sul numero 1522 (-37,6%). Le persone che hanno chiamato per la prima volta il 1522 nel primo trimestre 2021 sono l’84,8%. Tra le vittime questo dato raggiunge l’88,1%. Le vittime che hanno contattato il 1522 hanno segnalato di avere subito più tipologie di violenze nel 62,1% e nel 37,9% dei casi la violenza fisica. https://www.istat.it/it/archivio/258897
Il monitoraggio realizzato da ActionAid 2021, “Cronache di un’occasione mancata. Il sistema antiviolenza italiano nell’era della ripartenza”, contiene una panoramica dell’impegno delle Istituzioni nazionali e regionali nel precedente triennio per rafforzare il sistema italiano antiviolenza. L’analisi dei dati raccolti nel 2021 conferma quanto rilevato lo scorso anno. A distanza di 12 mesi, il sistema antiviolenza italiano risulta essere ancora caratterizzato da frammentarietà programmatica, finanziamenti esigui e discontinui, disparità regionali e governance debole. https://actionaid.imgix.net/uploads/2021/11/Monitoraggio-antiviolenza_2021.pdf
Il Piano nazionale antiviolenza da adottare per il triennio 2021-2023, presentato alla Cabina di regia il 20 luglio 2021 e giunto in Conferenza Unificata il 3 novembre, a un anno dalla scadenza del Piano 2017-2020, non è ancora stato reso operativo.
Il dossier ActionAid 2021 evidenzia che le Regioni (escluse le province di Trento e Bolzano) fino al 15 ottobre 2021 hanno erogato alle Case rifugio e ai Centri antiviolenza il 74% dei fondi nazionali antiviolenza delle annualità 2015-2016, il 71% dei fondi dell’anno 2017 (che erano 12,4 milioni di euro); il 67% di quelli previsti per il 2018 (19,6 milioni); il 56% dei soldi disponibili nel 2019 (29,4 milioni) e soltanto il 2% dei 27,5 milioni messi a disposizione nel 2020.
L’indice di trasparenza applicato agli atti di programmazione, assegnazione e liquidazione dei fondi statali antiviolenza per il 2019 ha evidenziato un miglioramento della trasparenza delle Regioni, nella gestione dei fondi statali, pari a 10 punti di percentuale rispetto a quanto registrato nel 2020.
In risposta alle nuove esigenze imposte dalla pandemia, ad aprile 2020 le istituzioni nazionali, in particolare la Ministra per le Pari opportunità e il Parlamento, si sono attivati per rispondere ai nuovi bisogni (dei Centri antiviolenza e della Case rifugio) dettati dall’emergenza sanitaria e sono stati messi a disposizione i seguenti fondi:
-10 milioni di euro, stanziati nel 2019 per l’attuazione del Piano strategico antiviolenza e trasferiti con procedura accelerata alle Regioni ad aprile 2020 per far fronte primariamente alle spese connesse all’emergenza sanitaria;
– 5,5 milioni di euro, messi a bando il 29 aprile 2020 per il finanziamento di interventi urgenti per il sostegno alle misure adottate dalle strutture di accoglienza durante l’emergenza sanitaria da COVID 19, di cui 4,5 mln da riservare alle Case rifugio e 1 mln ai Centri antiviolenza;
-3 milioni di euro, stanziati con il DL Cura Italia per far fronte alle spese connesse all’emergenza sostenute dalle Case rifugio;
-3 milioni di euro, per finanziare il reddito di libertà, introdotto dal DL Rilancio per intervenire a favore di donne che hanno subito violenza in condizioni di maggiori vulnerabilità a causa del Covid-19.
Per quanto riguarda l’utilizzo di tali risorse, a circa un anno e mezzo di distanza dal loro stanziamento, dalle informazioni rese disponibili dalle amministrazioni si rileva che:
a. dei 10 milioni trasferiti alle Regioni con procedura accelerata ad aprile 2020, secondo quanto indicato nelle schede programmatiche regionali, circa 2,5 milioni sono stati destinati alle spese connesse all’emergenza sanitaria;
b. il bando emanato il 29 aprile 2020 per coprire inizialmente le spese effettuate da CAV e CR nel periodo 1° febbraio 2020-31 luglio 2020, dato il perdurare della pandemia, è stato prorogato due volte per coprire i costi sostenuti dalle strutture fino al 31 gennaio 2021. Dai dati disponibili risulta che l’avviso ha permesso di erogare 300 contributi a 142 enti gestori di strutture.
c. i 3 milioni stanziati dal DL Cura Italia nel marzo 2020 per far fronte alle spese straordinarie delle case rifugio sono stati ripartiti con DPCM solo il 13 novembre 2020 e trasferiti alle Regioni nel primo semestre del 2021. Al 15 ottobre 2021 delle risorse stanziate solo l’1% è stato liquidato alle Case rifugio a cui erano riservate;
La prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne sono i grandi assenti delle pianificazioni strategiche adottate a livello nazionale con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. La prevenzione è inserita nel Piano nazionale antiviolenza 2021-2023 domandando, di fatto, al Dipartimento per le Pari Opportunità.
Nel corso del 2021, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha erogato 6 milioni di euro per la realizzazione di interventi di prevenzione e contrasto alla violenza in linea con le finalità previste da legge. In particolare, le risorse ripartite tra le Regioni con il DPCM del 13 novembre 2020, sono state programmate per: potenziare i servizi pubblici e privati di protezione; promuovere il sostegno abitativo e il reinserimento lavorativo; migliorare la presa in carico delle donne migranti e/o minori; garantire formazione e informazione; implementare progetti per uomini autori di violenza.
Una nota positiva è l’introduzione del «Reddito di Libertà» per sostenere le donne nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, con uno stanziamento previsto di 3 milioni per l’anno 2020, rifinanziato anche per l’anno 2021 con ulteriori 2 milioni di euro, e anch’esso pensato per far fronte ai gravi effetti economici causati dall’emergenza sanitaria. Purtroppo è stato reso operativo a distanza di ben 15 mesi dalla sua approvazione, ovvero a luglio 2021. Il decreto attuativo firmato il 17.12.2020 è stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 20 luglio 2021, mentre la circolare INPS è stata adottata l’8 novembre 2021. Nel dettaglio, la misura prevede l’erogazione di 400 euro mensili procapite erogabili per un massimo di 12 mesi a donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, debitamente certificati. Una valutazione approfondita della sua effettiva utilità potrà essere effettuata solo quando il reddito di libertà sarà attivato e pienamente a regime. https://servizi2.inps.it/servizi/CircMessStd/VisualizzaDoc.aspx?tipologia=circmess&idunivoco=13584
Infine, il Parlamento ha approvato un’ulteriore disposizione normativa, ovvero uno sgravio contributivo per le cooperative sociali che assumono a tempo indeterminato entro il 2021 donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Introdotta con il DL Ristori, tale misura, per cui è stato stanziato 1 milioni di euro, risponde al dato critico registrato dall’Istat a giugno 2020 e confermato poi dai dati definitivi pubblicati a inizio 2021, ovvero il significativo incremento della disoccupazione femminile causato dalla crisi pandemica. Lo sgravio contributivo è diventato operativo solo nel settembre 2021, in seguito all’emanazione della Circolare INPS n. 133 del 10 settembre 2021.
Dall’entrata in vigore del DL 93/2013, che ha posto le basi dell’attuale sistema antiviolenza, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha destinato il 75% delle risorse allocate ad interventi di Protezione. Solo il 14% è stato programmato per la realizzazione di interventi di Prevenzione, il 2% è stato destinato ad attività rientranti nell’asse Assistenza e Promozione, mentre del restante 9% non sono disponibili informazioni.
La politica ha la responsabilità di attivare con urgenza politiche e strumenti indispensabili per promuovere un cambiamento socio-culturale che porti al raggiungimento sostanziale della parità di genere, permettendo così alle donne di esercitare pienamente il loro diritto di vivere una vita libera dalla violenza. Passi indietro non sono più accettabili e ritardi dovuti a oneri burocratici-amministrativi non sono più giustificabili. L’intera macchina amministrativa pubblica deve impegnarsi affinché il sistema antiviolenza operi regolarmente attraverso l’adozione di procedure agili e una gestione fluida dei fondi, affinché la violenza fisica e morale non si tramuti anche in “violenza burocratica” . Il dialogo strutturato e continuo tra la politica, l’amministrazione e i territori non può che rendere le politiche antiviolenza più efficaci e più rispondenti ai bisogni territoriali.
La pianificazione dei fondi ripartiti tra le Regioni per l’attuazione del Piano antiviolenza negli anni 2020 e 2021 ha evidenziato che gran parte delle risorse stanziate per contrastare la violenza è stata destinata ad attività di “Protezione”.
Non bisogna dimenticare che la “Prevenzione”, la sensibilizzazione e l’educazione sono i pilastri per combattere a livello sociale e culturale la violenza contro le donne. Il messaggio mandato dalle tante panchine rosse sparse per le varie città italiane e non solo, simbolo di lotta contro la violenza di genere, può e deve diventare la bandiera di tutte le istituzioni. Azioni di prevenzione, di supporto all’autonomia abitativa delle donne o di inserimento lavorativo devono essere garantite così come case rifugio e centri antiviolenza devono essere accessibili a tutte le donne a prescindere dal luogo in cui risiedano.
La prevenzione oggi si fa a partire dal mondo giovanile che sta cambiando e si oppone alla violenza, dalle consapevolezze che partono dal basso e dalla presa di coscienza che tante cose ancora devono essere cambiate. Il fatto che ancora ad oggi è pensabile, concreta e attuale la violenza maschile sulle donne fa riflettere su una serie di cose che devono essere inserite in una progettualità preventiva, rieducativa e morale.
Sicuramente si parte dalla presa di coscienza che la violenza di genere è il frutto di condizionamenti educativi errati. È possibile un cambiamento culturale non scambiando la violenza per amore. Il punto di partenza è l’assunto che la violenza sulle donne è primariamente una “questione maschile” e si presenta come la risposta più pesante, cruda e fatale della negazione di una soggettività femminile indipendente. Principio cardine deve essere la consapevolezza della parità dei sessi. Adulte e adulti consapevoli e coerenti, capaci di praticare il rispetto tra uomini e donne.
La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace. (Kofi Annan- Premio Nobel Per la Pace, nel 2001).
In conclusione si evidenzia la necessità e l’importanza di un piano strategico delle Istituzioni, nazionali e regionali, di una governance forte e continuativa che miri a diffondere la prevenzione e che garantisca protezione. È chiara l’esigenza di interventi in termini programmatici, procedurali e di risorse per creare una rete di supporto sempre più efficiente che non arrivi costantemente in ritardo.
La violenza sulle donne è un atto vile e codardo che va condannato non solo il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ma in ogni singolo momento della nostra esistenza.
Coordinamento Nazionale
Giovani delle Acli